Scritti insolenti

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di Claude Courtot e Francesco Cornacchia

La parola polemica di Courtot

  • Pagine: 204
  • Anno: 2012
  • ISBN: 978-88-8459-240-8

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Descrizione

I rapporti di Claude Courtot con la scrittura non sono facili né lineari essendo caratterizzati da un’ambiguità profonda: se essa risponde a una necessità, una riflessione permanente sul senso e sul valore della scrittura si impone inevitabilmente all’autore. E così la scelta di scrivere è sottesa dalla possibilità di non scrivere, come ha fatto per dieci anni (1970-1980), o di non pubblicare come ha fatto per un periodo altrettanto lungo (2000-2011). Non sorprende dunque, nel testo dal significativo titolo «écho du silence», l’ammissione dell’autore che dice di aver scritto contro la permanente tentazione di tacere.

Claude Courtot (Parigi, 1939) milita nel movimento surrealista negli anni Sessanta collaborando a tutte le attività. Dopo gli esiti deludenti del Maggio sessantotto e con l’autoscioglimento del gruppo surrealista (1969), si allontana dalla scrittura (1970-1980) che, in assenza dell’attività collettiva, non gli sembra più un efficace strumento di lotta. Nei testi che scrive a partire dai primi anni Ottanta si riconoscono, come nei precedenti, il rifiuto della finzione letteraria, la digressione esistenziale, l’identificazione vita-scrittura, la verve polemica; vengono a mancare lo slancio rivoluzionario e la speranza in un radicale cambiamento sociale. Raccontando senza far ricorso alla finzione ma solo selezionando e mettendo in relazione avvenimenti autentici, considerazioni personali e l’immaginario onirico, Courtot è surrealista nella capacità di riformulare il reale.
Gli scritti tradotti e proposti al lettore italiano sono stati pubblicati nel periodo 1967-1998 e costituiscono una prima scelta significativa della sua produzione di polemista e surrealista.

Francesco Cornacchia si occupa di traduzione e di letteratura francese del XIX e XX secolo. Ha pubblicato due monografie su René Crevel e su Alberto Savinio, saggi su Victor Hugo, Alfred Jarry, Guillaume Apollinaire, Savinio, Crevel e Claude Courtot. Di Apollinaire ha tradotto l’opera teatrale.

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